venerdì 13 febbraio 2015

Studio letterale della Bibbia, Ep.2 - La Genesi (v.3-8)

Ben ritrovato con l'appuntamento episodico sullo "studio" letterale dell'Antico Testamento. La scorsa volta ho incominciato l'analisi dei primi due versi presenti nella Genesi, come lavoro introduttivo susseguente al prologo. Abbiamo visto come il "Principio" non sia l'inizio di tutto, bensì un momento distinto. Abbiamo visto come il termine "Dio" sia scritto al plurale "Elohìm", invece il verbo "Barà", "formò" è al singolare. Non ho forse ben spiegato a cosa si riferissero l'"Abisso" ("Dehòm"), anche se si potrebbe scrivere meglio ("Tehòm") in quanto si rifà direttamente al sumero ("Tiamàt"), quindi la "Tenebra" ("Hoshech") e i "Cieli" ("Shamayim") giacché essendo pressoché tutto il racconto della Genesi  la reinterpretazione ebraica del mito Sumero del "Atra Hasis" (Il Sommamente Saggio), molte delucidazioni e migliori approfondimenti verranno fatti quando tratterò tale testo. Anche se nel corso delle puntate di questa rubrica si potrà, quindi già a partire da oggi, secondo il mio modesto avviso, capire molto. Abbiamo infine visto come lo "Spirito" ("Ruàch") non sia un'essenza astratta e trascendente di "Iddio", ma un oggetto, o comunque una realtà fisica che appartiene a "Elohìm". E che tale oggetto "fluttuava", "aleggiava", oppure "levitava" ("Merahefet") sopra le acque.

Quest'oggi, invece, tratterò i versi che vanno dal 3 all'8. Dunque, i versi del "Primo" e del "Secondo" giorno. Iniziamo:


I versetti 3, 4, e 5 sono il racconto del "Primo giorno". E recitano testualmente:

< (3) Iddio disse: vi sia luce! e luce fu. (4) Vide Iddio che la luce era buona e separò Iddio la luce dalle tenebre; (5) e Iddio chiamò la luce "Giorno" e la tenebra "Notte". Così fu sera, poi fu mattina: primo giorno>

Nella Bibbia scritta in ebraico dai mesoreti c'è scritto foneticamente: < (3) Va'yomer Elohìm: vì'hìy hor! vai'hiy hor. (4) Va'yar Elohìm et ha'hor hitòv va'javdél Elohìm ve'en ha'hor uvéin ha hoshech; (5) Vai'crà Elohìm la'hor'yòm ve'la hoshech ha'ra laylà vai' hi herev vai'hi vohyer: jòm echàd. >


"Yomer" è la voce del verbo "dire" al passato remoto singolare, quindi "Disse". E' accompagnato dalla congiunzione "Va" che ha sempre la valenza dell'"e" italiano, dunque, "E disse".

"Elohìm" come scritto non si può tradurre con "Dio", innanzitutto perché è plurale, dunque sarebbe "Dei", ma lo stesso concetto che si ha ora di "Dio" non esisteva presso le antiche popolazioni del Medio Oriente di quei secoli. Quindi non traduciamo.

"Vi'hiy" significa "Vi sia" ed è riferito a:

"Hor"che vuol dire "Luce", quindi "Vi sia luce". (Non c'è l'articolo femminile a precedere la parola "luce".)

"Vai'hiy" è pressoché identico al precedente "vi'hiy" e vuol dire "vi fu". Ciò è riferito alla luce che appunto "vi fu" per volontà di Elohìm.

I versi 4 e 5 non li analizziamo in quanto, come del resto in quello trattato ora, non vi è nulla di sbagliato nella traduzione etimologica. Quindi l'analisi del (3) è più che altro una dimostrazione sulla genuinità dei contenuti pervenuti a noi. Se vorrai, approfondirai per conto tuo, Anche perché riportare e tradurre parola per parola diviene un lavoro a mio avviso troppo dispersivo e per te pure noioso.



Sul "Secondo giorno"  quindi i successivi versi 6, 7 ed 8; si scrive:

< (6) Iddio disse ancora: vi sia fra le acque un firmamento, il quale separi le acque dalle acque. (7) E Iddio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto al firmamento, da quelle che sono al di sopra. E così fu. (8) E Iddio chiamò il firmamento "Cielo". Di nuovo fu sera, poi fu mattina: secondo giorno. >

Dunque, l'iniziale sensazione che si ha leggendo queste righe è quella di non averci capito un granché. A cosa si riferiva il redattore dal testo quando scrisse che Elohìm fece il firmamento ed esso, chiamato "Cielo", separò le acque dalle acque? Cosa sono queste due acque?

Le risposte che posso dare sono due; una potrebbe essere valida, l'altra no. Come del resto entrambe possono essere giuste o sbagliate.

Per la prima, bisogna considerare "Dio" come Assoluto. In questo caso lo scritto non sarebbe altro che la rielaborazione del mito Sumero "Enuma Elish" (Quando là in alto). Il quale, narra come la Terra (Kì) sia nata dalla collisione tra il pianeta Nibìru, che era il pianeta delle divinità Sumere, e il pianeta Tiamàt, un antico corpo celeste del Sistema Solare che secondo alcuni studi sarebbe ciò che resta dell'attuale Grande fascia degli asteroidi compresa grossomodo fra Marte e Giove. Questa tremenda collisione portò dunque alla "formazione" della Terra e le "due acque" separate dal firmamento, quindi dalle stelle, sarebbero le acque una volta "unite" che ora sono presenti sui due corpi celesti: Nibìru e Kì (la Terra) che sarebbe, sempre secondo gli antichi racconti di questi popoli, un frammento staccatosi da Nibìru.

La seconda ipotesi è quella di considerare gli "Elohìm" esseri in carne e ossa, che separarono, millenni dopo il compimento del Pianeta, due masse d'acqua. Bisogna osservare che, come vedremo in seguito, il luogo descritto, se letto senza filtri, pare essere un ambiente artificiale creato da "Elohìm" per poi porre l'uomo in Eden e infine cacciarlo da esso facendolo vivere sulla Terra. Come scritto infatti nella "creazione del mondo", "lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque", ma precedentemente non vi è scritto che "Dio" "creò" o "diede forma alle acque". Dunque, le acque esistevano prima del "Bereshìt", del "Principio" e sono perciò gli Elohìm a dividerle in due differenti porzioni. La struttura artificiale che per prima viene in mente se si pensa alla divisione di masse d'acqua è quella di una diga. Allorché è plausibile, secondo un supporto di studi, che gli Elohìm crearono una grande diga che separò le acque: quelle della pianura sotto, e quelle del bacino artificiale sopra. Se visto dal basso, ergo dalla pianura, il firmamento sarebbe risultato più vicino all'acqua della diga in quanto essa non si sarebbe vista, e tale illusione di prospettiva avrebbe fatto credere che il cielo separasse le due acque. Questa ipotesi, per quanto di primo impatto possa sembrarti inventata e assurda, spiega alcuni avvenimenti scritti che seguono nella narrazione; fra tutti, il celeberrimo diluvio universale.


Per quest'oggi l'analisi termina qui, spero di essere stato esauriente. Nel prossimo episodio terminerò lo "studio" del primo capitolo analizzando il celebre verso della creazione dell'uomo (26). Quindi parlerò del giardino che fu posto in Eden, nel quale si ambienta l'altrettanto conosciuta storia del frutto dell'albero della Conoscenza del bene e del male e del serpente che tentò Ishah, "Eva".










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