mercoledì 4 marzo 2015

Storia della Filosofia occidentale, Ep.4 - Talete, il filosofo della natura

Talete, in greco antico Thalès (Θαλής), fu un filosofo Greco, per alcuni storici di origini fenice, vissuto a Mileto, antica città anatolica della Caria fra il VII e il VI secolo a.C.

Secondo la storia della filosofia ufficiale, Talete, fu il primo filosofo, dotto e sapiente Greco.
La filosofia di Talete si basava essenzialmente sull'osservazione degli eventi naturali; proprio per questo, è considerato il primo fra i "naturalisti".
Scrutando i fenomeni della natura arrivò alla conclusione che il principio di ogni cosa fosse l'acqua. Tale asserzione oltre che in chiave puramente concreta, quindi dovente al fatto che l'acqua sia la forma che è al principio della vita, va carpita in chiave ontologica, ovvero: l'acqua è anche la realizzazione di tutte le cose che nel loro insieme si realizzano allo stesso modo in essa, dunque, in un'unica cosa; l'Uno. L'acqua è così una sorta di metafora per esprimere e intendere ciò che molto probabilmente lo stesso Talete non riusciva a spiegare. Al giorno d'oggi "l'Acqua" di Talete potremmo chiamarla "l'Assoluto".
Comprendette ad ogni modo come molti prima di lui che l'io, l'ego, è un'illusione dettata dal punto di vista dell'osservatore e che solo la natura nasconde, quindi sostanzialmente "ciò che è fuori" nel suo grembo intrinseco la verità che ogni cosa proviene da un'unica grande matrice. A questo riguardo la sua frase più emblematica è:

<Non è l'uomo, bensì l'acqua è la realtà delle cose.> 


Talete dunque disse essenzialmente ciò che diversi sapienti sostenettero prima di lui, in particolare i saggi Sumeri ed Egizi (pensieri che abbiamo riassunto nelle figure di EnKi/Ili-Ilàt, Ptah e Abramo). Infatti il concetto di "acqua primordiale sulla quale galleggia l'asciutto, quindi la vita" è ampiamente proposto negli scritti di questi popoli; tant'è che la stessa Genesi giudaico-cristiana, che come abbiamo visto essere di origine sumerica, ne parla. Egli però lo fece in maniera più pragmatica, concreta, meno mistica e archetipica. Sebbene le sue teorie fossero ancora un po' grezze e ricche di intuizioni, tesi e relazioni molto spesso dettate più della credulità che dallo studio e dalla realizzazione oggettiva del fenomeno.
Come abbiamo visto nel "Prologo sulla Biologia" ciò è il logico effetto dei limiti tecnologici posti dal contesto storico.

Oltre che essere un pensatore verso la vita, egli, occupandosi di natura studiò collateralmente la matematica e l'astronomia. Celebri sono il Teorema che porta il suo nome (anche se è quasi certo non sia stato lui a formularlo, bensì Euclide, vissuto nel III secolo a.C.) e la storia secondo la quale calcolò l'altezza della piramide di Cheope: misurando l'altezza di un oggetto a capendo che l'ombra che questi proietta è la stessa misura della sua altezza, riuscendo così a dichiarare l'altezza della piramide calcolandone la lunghezza dell'ombra.
Astronomicamente, guardando i cieli a occhio nudo, probabilmente capì che il rapporto fra l'orbita lunare e quella solare è di circa 1:720 e avrebbe inoltre coniato lui il nome "planetes astrés (πλάνητες ἀστέρες), ovvero "stelle vagabonde" per indicare quelli che oggi chiamiamo appunto pianeti.

In tarda età fondò a Mileto, la sua città, la Scuola di Mileto; una libera assemblea nella quale discutere e cercare di comprendere la cosmogonia, ossia l'origine dell'universo attraverso la teogonia, cioè la spiegazione del significato del mito. A queste riunioni aderirono alcuni filosofi che segneranno la susseguente evoluzione del pensiero. Sebbene sia probabile che per scuola, più che in senso fisico, si intendesse una similarità e continuità della corrente di pensiero. Ad ogni modo, i più celebri furono coloro che tratteremo nei prossimi episodi, ovvero: Anassimandro, Anassimene ed Eraclito.












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