martedì 31 marzo 2015

Studio letterale della Bibbia, Ep. 8 - Genesi (cap.12, 13, 14, 15: la vocazione di Abramo, le prime battaglie e Melchisedec)


Nell'episodio precedente, il settimo, abbiamo visto la storia del diluvio, la genealogia con susseguente posterità dei discendenti di Noè e la costruzione della torre di Babele con successiva dispersione degli uomini su tutta la faccia della Terra. Non ritorniamo per fare un riassunto; se non vi ricordate qualche passo, andate pure a leggervi le puntate anteriori. A questo punto inizia infatti una nuova storia, la storia narrata disgiunta dalla cosiddetta "preistoria biblica": Siamo in Mesopotamia, 2000 a.C. circa, Abramo, figlio di Terach, lontano discendente di Eber e Arfacsàd, uno dei figli di Sem, figlio di Noè, viene chiamato dal Signore. Terach ha altri due figli, quindi fratelli di Abramo, che sono Nacor e Aran. L'ultimo, nella trama è più importante, in quanto vedremo che dalla sua discendenza nasceranno due importanti popoli o tribù che lotteranno contro gli israeliti nella terra di Canaan, come i Moabiti e gli Ammoniti.
La storia di Abramo l'abbiamo già trattata a grandi linee su questo blog, per cui vi propongo il post. Eccolo: (http://anostraimmagine.blogspot.it/2015/02/storia-della-filosofia-occidentale-ep3.html).
A questo punto direi che si può incominciare l'episodio odierno, che, se hai letto quanto ti ho linkato sarà un buon approfondimento.

Questi sono le ultime fasi ambientate stabilmente in Mesopotamia; infatti da questo momento, sebbene per un periodo si tornerà a parlare della terra fra i due fiumi, inizia un lungo viaggio sotto il segno di una promessa. Vediamolo! Capitolo 12, i versi dal primo al sesto, e in parte il settimo:


< (1) Ora il Signore aveva detto ad Abramo: Parti dal tuo paese, dal tuo parentado, dalla casa di tuo padre a vai nella terra dove io ti mostrerò. (2) Io farò di te un popolo grande, ti benedirò renderò grande il tuo nome e tu sarai benedizione. (3) Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò quelli che ti malediranno: in te saranno benedette tutte le famiglie della Terra. (4) E Abramo se ne partì come gli aveva detto il Signore, e Lot se ne andò con lui. Abramo aveva 75 anni quando partì da Charan, (5) e prese con sé Sarai, sua moglie, e Lot, figlio di suo fratello, e tutte le sostanze che possedevano e i servi acquistati a Charan, e partirono per andare nella terra di Canaan.  Quando vi furono giunti (6) Abramo attraversò quella terra fino alla località di Sichem, fino al querceto di Moré. I Cananei occupavano allora quel territorio, (7) ma il Signore e gli disse: Io darò questa terra alla tua progenie....>


Or dunque; Terach e famiglia avevano già precedentemente deciso di migrare dalla zona, e durante il viaggio un certo punto il Signore appare ad Abramo. Se avete letto la postilla che vi ho proposto, avrete visto che ho scritto come non sia un individuo, dunque il Signore, ad ispirare la mente di Abramo, bensì più individui. Ma per ora mi fermo qua, in quanto questo lo tratteremo qualche capitolo più avanti dove nel testo biblico stesso è esplicato.

Questo Signore, anzi, questo Elohìm, in quanto nel testo in ebraico vi è scritto "Elohìm" e non Jahvè o Adonai, che sono i due termini usualmente rispettivamente tradotti come "l'Eterno" e/o il "Signore", indica ad Avram di uscire dalla sua terra per giungere in Canaan, regione, da come dice il nome, abitata dai Cananei. Portandosi con sé Sarai, la moglie dalla quale nascerà Isacco, la servitù e Lot, suo nipote. Lot lo vedremo più avanti; sia come personaggio che come patriarca; infatti è da egli, figlio di Aran fratello di Abramo, e dunque nipote dello stesso, che nasceranno Moàb e Ammòn, capostipiti delle sopra citate tribù dei Moabiti e degli Ammoniti.
Una volta giunto nella terra prestabilita, il Signore promette ad Abramo che essa un giorno sarà sua e della sua discendenza. Così, il sumero, si reca a Betel, cittadina pochi chilometri nord dell'attuale Gerusalemme, nell'antica Samaria, e costruisce un altare indicando il suo nome. Bene. Qui appare un'altra situazione interessante e contraddittoria; nel testo masoreta, ma anche in qualsiasi Bibbia interlineare nell'8 verso vi è scritto che - Abramo eresse l'altare - <avendo Betel a oriente e Ai a occidente>. Dove per "Ai" s'intende "Signore".

Come potete intuire Ai costituisce assieme all'iranico "Adòn" il termine ADONAI, che il nome più frequente dato all'Elohìm degli Ebrei a partire dal IX secolo a.C. in sostituzione al nome del tetragramma YHWH, vocalizzato poi dai masoreti di Tiberiade in Yahweh, Jehowah o Jehowih, con l'ausilio del Talmud, ovvero della Torah tramandata oralmente.

Ma chi è questo Ai? Nel Targum, la Legge in aramaico, Ai (doppia "yod" (י י) ) è colui che accompagnò e spinse Mosè fuori dall'Egitto. La storia è praticamente uguale a quella giudaica, se non fosse per il piccolo ma ridimensionante particolare che Ai, nel Targum è un generale militare, che, per quanto temerario, tenace, coraggioso e guerrigliero, non è un dio, ma un semplice uomo. Dunque la Bibbia ci dice che Abramo non eresse un altare Jahvè, bensì a un generale ; il quale precedentemente infatti gli promette che "darà questa terra - quella di Canaan - alla sua progenie", come abbiamo visto nella prima parte del settimo ed ultimo verso trattato.

A questo punto l'Antico Testamento dice che Abramo assieme alla sua famiglia, si recò verso il deserto di Negeb, ora a sud d'Israele e nord-est della penisola del Sinai, per entrare in Egitto. Quando vi entrò, si raccomandò di far credere che Sarai, sua moglie, fosse in realtà sua sorella per evitare che potesse essere abusata ed egli ucciso. Ma quando giunse al cospetto del faraone, questi, improvvido si unì a lei. Cosicché il Signore colpì il sovrano per la prima volta con delle piaghe, che lo portarono a cacciare i due che tornarono nella terra abitata dai Cananei, precisamente nel luogo dove Abramo aveva costituito l'altare ad Ai.
Da questo momento, per una futile contesa sul bestiame trasportato, Lot, si separa dai parenti e va a vivere a Sodoma, celebre città nella quale gli abitanti "erano molto perversi e grandi peccatori contro Yahweh" (v 13, cap. 13).

Nell'ultima parte del capitolo 13, sembrerebbe, se si legge in modo superficiale e pretestuoso, che il Signore rifà la medesima promessa ad Abramo, ovvero lo invita ad alzarsi per osservare la terra che lo circonda, la quale diverrà sua e della sua prigione: essa è la Terra Promessa. Qui però non troviamo, come prima, Ai nelle vesti di promettitore, ma il Signore; Jahvè. Per cui si capisce come la promessa sia la stessa fatta però da due individui diversi. Anche perché altrimenti, pure togliendo i nomi, sarebbe una ripetizione senza senso.
Ad ogni modo, dopo questa seconda promessa, Avram va ad abitare nei Querceti di Mamre, vicino a Ebron, attualmente in Cisgiordania; luogo che come vedremo nel prossimo episodio è ambiente di un avvenimento importante e significativo.

Nel seguente paragrafo, ossia il quattordicesimo, si parla di una guerra mossa dal re del Sennaar, dunque come abbiamo visto nella scorsa puntata, della pianura di Babilonia; dal re dell'Ellasar; dal re dell' Elam, attuale territorio dell'Iran occidentale affacciato sul Mar Rosso, e da quello del Goim (sottoregno del Ghilgal compreso tra la città di Gerico e il fiume Giordano , che vedremo nel Libro di Giosuè), contro i sovrani delle città di Belàh, Sodom, Gomorràh, Admàh e Zeboim (denominate anche pentapoli, ovvero cinque delle 13 città secondo la tradizione distrutte da Dio poiché i loro abitanti non erano fedeli alle sue leggi).
Nei trambusti delle battaglie, a farne le spese è anche Lot, il quale viene minacciato, fatto prigioniero e depredato di tutti i suoi beni materiali. Quando Abramo viene a sapere dell'accaduto, arma 318 fra i migliori servi (interessante come 300 sia ricavato e ricavabile dall'unione numerologia fra la "Tau" greca = corrispettivo del numero 300, dalla quale deriva la nostra "T", e 18 dell' "IH"; nonché la somma fra 3+1+8 faccia: 12. Numero sempre ricorrente in tutti i miti del mondo) e parte così per andare liberare il nipote.

Quando giungono in prossimità della città di Damasco, riescono a rintracciare e sconfiggere coloro che tengono prigioniero Lot, liberandolo. Sulla via di ritorno, Abramo e Lot incontrano Bera, re di Sodoma. Durante questo incontro, arriva un altro personaggio stimolante e meritevole di approfondimento: Melchisedec, re di Salem, ovvero l'antica Gerusalemme. Vediamo come mai; (versi 18-20, del capitolo 14):

< (18) E Melchisedec, re di Salem, portò pane e vino: egli era il sacerdote di El Elyon (19) e lo benedì e disse: Benedetto sia Abramo da El Elyon, creatore del cielo e della terra, (20) e benedetto sia El Elyon che ti ha dato nelle mani i tuoi nemici! E Abramo gli dette la decima di tutto. >

Questo Melchisedec, il quale nome in ebraico (מַלְכִּי־צָדֶק) significa "il mio re è giusto", è come scritto il re della città di Salem. Secondo gli esegeti ebrei si tratterebbe addirittura di Sem, primogenito di Noè, ma questo conta relativamente. Ciò che conta è la similitudine sorprendente che di primo impatto notiamo nel suo gesto, ovvero l'apporto del pane e del vino all'incontro fra Bera e Abramo. Vi ricorda qualcuno? Ma c'è dell'altro: per implementare i contenuti bisogna chiamare in causa un'altra volta il Libro di Enoch, questa volta il secondo, detto anche "Apocalisse o Segreti di Enoch" (ribadiamo ancora come questo libro sia considerato solo dalle chiese copte), in cui si racconta come Melchisedec nacque da una donna sterile e avanti negli anni chiamata Sofonima. La quale era la consorte di Nir, un fratello di Noè, ed era rimasta incinta miracolosamente, perché il marito non aveva rapporti con lei da lungo tempo, in quanto era stato nominato sacerdote. La donna morì poco prima di mettere al mondo il figlio, ma prima che Nir la seppellisse, Melchisedec venne fuori dal grembo della madre, giacché fisicamente sviluppato come un bambino di tre anni e capace di parlare. Dopo 40 giorni, l'arcangelo Gabriele comparve a Nir e gli disse che avrebbe portato il bambino nel Giardino posto in Eden; Melchisedec fu così preservato dal Diluvio universale e poté tornare a vivere normalmente una volta che la acque si ritirarono.


E' palese, la similitudine con il racconto evangelico di Gesù di Nazareth: prima il pane e dunque il vino spezzati e offerti, quindi si viene a sapere che egli nacque da una donna sterile, come Maria e dopo 40 giorni, gli stessi che Gesù passò in solitudine nel deserto, nonché quelli che come vedremo Mosè, Aronne e le genti dell'esodo passarono anch'essi precedentemente nel deserto, fu preso dall'arcangelo Gabriele e portato nel Giardino dell'Eden per sopravvivere al cataclisma diluviano. Se poi si considera che i Vangeli raccontano la storia del cofondatore del cristianesimo solo negli ultimi anni della sua vita, si può benissimo riempire il buco della gioventù con la figura di Melchisedec. Certo, si oltremodo potrebbe dire che chi ha scritto la buona novella lo ha fatto attingendo dai testi che vi ho proposto, ma così cadrebbe il velo intrigante che avvolge seducente la vicenda. E un po' di entusiasmo e ricerca del complotto ci vuole anche, dai ;)

Ciò che invece è pilotato è il proseguimento. Infatti, nel (v.18) vi è scritto che il re di Salem spezzò il pane e il vino, quindi, vi è anche scritto che egli era il sacerdote di El Elyon. Ma nelle bibbie tradizionali in questo passo non risulta trascritto il nome di El Elyon, bensì quello di Iddio l'Altissimo, come se esso e YHWH fossero la stessa e unica divinità ed entità .
Prima di addentrarci nel discorso filologico, facciamo chiarezza per mezzo di un banale ragionamento.

Abramo sarebbe stato scelto da Dio per conquistare la Terra Promessa che lo stesso avrebbe poi successivamente dato al sumero e alla sua progenie. Abramo incontra Melchisedec, il quale sacerdote di Dio stesso, per qualche oscuro motivo è più importante di Abramo, che, come segno di rispetto gli dà un decimo di quanto possiede (vedi nel v.20) e il re sacerdote lo benedice nel nome dello stesso Dio che lo guida e col quale il patriarca parla.

Da come vedremo più avanti, la figura del sacerdote è non è più importante di quella del patriarca, per cui l'unica spiegazione che esaudisca la domanda del perché un sacerdote sia più importante di un patriarca, sta nel fatto che questo sacerdote era interconnesso a un essere superiore che la Torah stessa tiene a precisare si tratti dell'El Elyon. E non ci si può aggrappare sul fatto che Melchisedec fosse un re, poiché la sua superiorità non è contrassegnata dal fatto che sia capo di un popolo, ma dal fatto che sia sacerdote di El Elyon.

El Elyon lo troviamo a partire dall'antico Egitto ed era uno degli epiteti con i quali si definiva usualmente il faraone, considerato dal popolo una divinità. In ebraico invece "El" è un sinonimo di "Elohìm", con moltissima probabilità è il suo singolare. Certamente è di per sé singolare e deriva dall'accadico "Ilu" o "Il-u". "Elyon", invece, preso come detto dall'egizio significa "stare sopra" o comunque qualcosa che è posto al vertice di una scala sociale o di un insieme e non è superlativo assoluto come viene tradotto in italiano, ossia "Altissimo", ma complemento: "il più alto". Tant'è che ad esempio, solitamente, la parte più antica o posta sull'estremità di una collina di una città in ebraico è chiamata "Elyonàh", e non vuol dire mica "la parte Altissima della città" ma come scritto "la più alta" rispetto alle altre. E questo è quanto possiamo riscontrare nel personaggio del faraone, capo supremo dell'intera piramide sociale posto sopra tutto e tutti, inferiore solo e parzialmente alle divinità. La stessa cosa la si può trovare nell'etimologia di altri testi di altri culture, le quali derivano da questa parola: l'Iliade o l'inizio dell'Odissea, ad esempio, citano l'"Ilìon", ovvero la rocca più alta della città di Troia, non "la più altissima, o l'altissima" della città di Troia. Per ora su questo discorso mi fermo qua, ma lo riprenderemo e amplieremo sicuramente. Se vorrete.

Iniziamo quindi l'ultimo capitolo odierno, il quindicesimo. Nel quale Jahvè promette ad Abramo un figlio. Prima però, introducendo questa parte, vorrei ricollegarmi alla numerologia del "12". Adesso appena deluciderò capirete.  (v.2 e 3, capitolo 15):

< (2) E Abramo pensava: Signore (Jahvè), Iddio (El), che cosa mi darai tu? Io me ne vo senza prole e il figlio di Meseq, Eliezer, Damasceno (di Damasco) sarà egli la mia casa? (3) Quindi soggiunse: Ecco tu non mi hai dato la prole, ed ecco, un mio domestico (Eliezer) sarà mio erede. >

Siccome Avram crede di non poter avere figlio, in quanto sua moglie Sarai è sterile, pensa che il suo successore sarà il suo fedele servo, Eliezer. Questo nome (אֱלִיעֶזֶר), che significa "El mi aiutò" ha come somma letterale (perché nell'ebraico ogni lettera corrisponde a un numero) lo stesso numero dei soldati/servi (318) che partirono dal Querceto di Mamre per liberare Lot; 318. La quale somma numerica è 12. Infatti, da destra verso sinistra:  Aleph =(1)+ Lamed=(30)+Iod=(10)+Ayin=(70)+Zayin=(7)+Resh=(200): 318.


Perché continuo a insistere su questo numero? penserete voi. Dopotutto possono essere coincidenze e la rubrica tratta lo studio letterale della Bibbia, non numerologico. Io continuo allora dicendovi che se aggiungiamo Abramo, Lot e Melchisedec, ai re coinvolti nelle battaglie prima trattate, che sono 9: i 4 dei regni contro i 5 delle cinque città, abbiamo nuovamente l'uscita dello stesso numero 3 (1+1+1) + 9: 12. 12 come gli apostoli, le fatiche di Ercole e le tribù d'Israele. Ma andiamo a rilento, congedandoci con un'analisi dei nomi dei quattro sovrani invasori e quindi agli occhi di Avram, nemici:

- il primo è il Re di Elam, e si chiama Chedorlaomer. Il suo significato ebraico, in italiano un po' maccheronico è "raggruppamento dei covoni e della lunga durata". I covoni, quindi i fasci di grano, associati alla lunga durata, fanno venire in mente la prosperità della semenza e del raccolto; di conseguenza, se possiamo permetterci di interpretare, esso, si potrebbe associare al Toro, un animale che ara i campi. Astrologicamente un "segno fisso", ovvero una costellazione nella quale il Sole transita nella volta celeste durante il culmine di una stagione. Nel caso del Toro, fra aprile e maggio, nel cuore della primavera.

- il secondo è il Re di Babilonia/Babele (piana di Sennaar), Amrafèl. Che vuol dire "colui che narra vicende oscure e/o sinistre". Il fatto che sia il Re di Babele, dunque di una zona della Mesopotamia, potrebbe essere ricondotto in modo astrologico alla Costellazione dell'Acquario, segno che richiama all'acqua e all'aspetto negativo del Amrafèl. "Segno fisso" che il Sole toccava nell'emisfero boreale fra gennaio e febbraio; nel cuore dell'inverno.

- segue il Re dell'Ellasar (El punitivo/portatore di Castigo) Arioch. Esso, ha come significato "simile al leone". Qua quindi il riferimento alla Costellazione del Leone è limpidamente esplicito. Anche il Leone è un "segno fisso", poiché ricadeva fra luglio e agosto, dunque in piena estate.


- troviamo infine quello di Goim, Tideàl. La quale etimologia è "figlio maggiore/ o essere terrificante, spaventoso, sanguinario". Procedendo col metodo degli altri tre, la figura di questo re cade sulla Costellazione dello Scorpione, e direi che ne può uscire un esito positivo, specie quando si associa lo scorpione allo spavento, al terrore, alla velenosità e al sangue. Certo, non combacia come nel caso precedente, però proviamo a prenderlo per buono. Ad ogni modo, lo Scorpione, è l'ultimo "segno fisso" e giungeva nell'emisfero nord tra ottobre e novembre, dunque nel fulcro dell'autunno.


Abbiamo dunque visto come i 4 sovrani/re invasori siano associabili e compatibili con i quattro segni zodiacali fissi, ossia i segni nei quali il Sole passava nella volta celeste durante il periodo cardine di una stagione (Toro= Primavera, Acquario=Inverno, Leone=Estate, Scorpione=Autunno) Personificati dai reali Chedorlaomer, Amrafèl, Arioch e Tideàl.
Se a questi 4, poi, si sommano i 5 della pentapoli (Bera=Sodoma, Bersa=Gomorra, Sennaab=Admàh, Semebèr=Zeboim e Segor=Belàh) e i tre personaggi sui quali la vicenda è incentrata (Lot, che è stato fatto prigioniero; suo zio Abramo che va a liberarlo; e Melchisedec, re di Salem e sacerdote dell'El Elyon, ovvero l'El che sta sopra a tutti gli altri (El), tradotto erroneamente in italiano come "Iddio l'Altissimo"); abbiamo 4+5+3: 12.
Lo stesso numero lo abbiamo trovato nell'addizione dei servi che aiutano Avram a liberare il nipote, ovvero 318; 3+1+8: 12. Come la somma numerica delle lettere del nome del domestico prediletto del primo patriarca; ossia Eliezer, figlio di Meseq, sempre 318 dunque; 3+1+8: 12. Senza contare che Abramo quando parte da Ur dei Caldei ha 75 anni. 7+5: 12.

Nonostante si tratti di un procedimento di studio letterale, non si può quindi che ammettere e concludere che la vicenda di questo racconto sia lapalissianamente metaforicamente interpretata da personaggi simbolici che richiamano agli astri e al ciclo delle stagioni.

Per terminare definitivamente questa parte, e per dover di cronaca, l'ultima sezione del capitolo 15 scrive che Jahvè ordinò ad Abramo di prendere una vitella, una capra e un montone di tre anni, oltre a una tortora e ad una colomba per sacrificarli a lui. Quindi su Abramo cade un sonno profondo e in quei frangenti, e il Signore gli dice testuali parole, che sono la fine del capitolo, nonché presagio a quanto spetterà ai suoi discendenti in Egitto. Teniamo bene a mente quella che è anche una promessa, poiché più avanti potremmo riprenderla (v. 13-21 capitolo 15):

<(13) Sappi fin d'ora che la tua progenie dimorerà come straniera in una terra non sua ed ivi sarà come schiava e verrà oppressa per 400 anni; (14) ma io giudicherò il popolo dal quale sarà stata schiava, poi se ne partiranno con grandi ricchezze. (15) E tu te ne andrai in pace ai tuoi padri e sarai sepolto in buona vecchia. (16) Essi ritorneranno qua alla quarta generazione, perché fino ad ora non è compiuta l'iniquità degli Amorrei (popolazione nomade dell'occidente semitico). (17) Quando il sole fu tramontato si formò una caligine tenebrosa ed ecco un forno fumante e una fiamma passare in mezzo alle parti di quegli animali (quelli sacrificati e aperti in un due). (18) In quel giorno il Signore stabilì un patto con Abramo, dicendo: Io do alla tua progenie questa terra, dal fiume d'Egitto (Nilo) fino al gran Fiume, il fiume Eufrate; (19) i Chinei, i Chenizzei, i Cadmonei (20) gli Hittei, i Ferezzei e i Rafei, (21) gli Amorrei, i Cananei, i Ghirgasei, e gli Iebusei. >

Nella prossima puntata vedremo come questa soluzione sia un'appendice che si riallaccerà a un nuovo spunto di riflessione, quindi la nascita del primo figlio di Abramo, una nuova e strana promessa e la visita di tre misteriosi personaggi. Ciao, grazie e buon proseguimento!




            

Pianta geografica del viaggio condotto da Abramo e la sua famiglia; da Ur ad Harran, ora in Turchia. Quindi il proseguo verso sud-ovest, verso Canaan; una rapida comparsa in Egitto tramite il deserto di Negeb e dunque il ritorno nella terra del Giordano dove si conducono le guerre trattate.








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